La commedia agrodolce “Tully” racconta le difficoltà della maternità (ma non solo)
Se sapeste che la protagonista, la bellissima Charlize Theron, per interpretare il film e sentirsi come la mamma a cui dava volto e corpo, è ingrassata di oltre 20 chili ed è arrivata vicino alla depressione, probabilmente vi verrebbe già voglia di vedere “Tully”. Ma il film di Jason Reitman (già regista di “Juno” e “Young Adult") non è solo la dimostrazione che quando una donna vuole raggiungere un obiettivo è pronta a tutto, compreso mostrarsi imbruttita e sovrappeso sui grandi schermi di tutto il mondo (il film è uscito al cinema quest’estate).
“Tully” è molto di più: è un potente ritratto femminile con al centro una 40enne che fatica a tenere le redini della sua esistenza. È la fotografia in bianco e (soprattutto in) nero di tante donne che portano il peso di una famiglia senza mai arrendersi, che spesso agiscono quando in casa tutti dormono, che a volte sorridono anche se vorrebbero tanto piangere.
Maternità: un dono meraviglioso e complicato
Il film racconta le giornate di Marlo, una madre con tre figli e un marito affettuoso ma distratto. Con la nascita di Mia, Marlo sembra esser sul punto di crollare: lo sguardo è assente, così come la forza, fisica e mentale, per fare qualsiasi cosa («ad essere sincera anche solo vestirsi è estenuante», rivela la protagonista). Ogni notte vaga per la casa in vestaglia, mette il pentolino sul fuoco, scalda il biberon, cambia e culla Mia, aspetta che si addormenti.
Quando può finalmente tornare a letto, è giorno. E c'è da preparare il pranzo per gli altri figli, augurare buona giornata al marito che esce per andare al lavoro e ricominciare con una casa sottosopra. Fino a quando una giovane Mary Poppins (Mackenzie Davis) non suona alla sua porta e annuncia di esser «lì per prendersi cura di lei». Tully (è il nome della tata a dare il titolo al film) riempie la cucina di cupcake, pulisce, è bravissima con la neonata, salva Marlo dalla pazzia. E le insegna che è meglio ammettere i propri sentimenti, perché la maternità è un dono meraviglioso ma complicato.
«Da mamma - ha detto l’attrice in un’intervista - volevo raccontare una storia che mostrasse la verità dietro la facciata e mettere in chiaro che non c'è nulla di cui vergognarsi se uno non dovesse riuscire a portare avanti le cose da solo, che si può cercare l'aiuto di qualcuno che possa dare una mano con i figli senza sentirsi in colpa».
Concorde anche la sceneggiatrice Diablo Cody che, non a caso, ha scritto il film dopo la nascita del suo terzo figlio e il “salvataggio” di una tata notturna: «Le persone si aspettano che le donne siano completamente estasiate in ogni fase del processo, altrimenti vengono percepite come ingrate o anche fredde. In realtà, quando partorisci provi una valanga di emozioni». Positive, talvolta negative, contrastanti. Come quelle che tutti sentono nel corso dell’intera vita - e non solo in seguito alla gravidanza e alla nascita di un figlio - di fronte al corpo e alla mente che inevitabilmente cambiano, che talvolta non si riconoscono più.
Perché in fondo Tully, con la sua vitalità, è qualcuno in cui chiunque può rivedere se stesso dieci, venti o trent’anni fa. A chiunque di noi, madri e no, donne e no, spetta allora il compito di non dimenticare la propria giovinezza. E di provare a mischiarla al desiderio di vivere il presente e il futuro.
Michela Offredi
