Da aprile 2017 finalmente l’etichetta trasparente!
Per quanto riguarda le questioni relative alla filiera del latte raccontate da questa rubrica, ci siamo lasciati con il numero di dicembre 2016, mese in cui era appena stato siglato un accordo regionale tra le società di riferimento dei più grandi marchi dell’industria lattiero-casearia da un lato e le associazioni di categoria degli allevatori dall’altro.
Ci facciamo come sempre aiutare da Bortolo Ghislotti, titolare della IRIM srl, per fare il punto della situazione.
Cosa prevedeva questo accordo?
L’accordo in questione prevedeva un prezzo in crescita per il pagamento del latte alla stalla, che passa dai 37 centesimi al litro di gennaio 2017 ai 39 centesimi di aprile.
Questo accordo rappresenta già un notevole traguardo visto che il prezzo del latte dell’anno scorso si aggirava intorno ai 31/32 centesimi, un prezzo che rendeva di fatto impossibile lo sviluppo e la stessa attività degli allevatori.
E dopo aprile 2017 che prospettive ci saranno?
Sicuramente il prezzo dovrebbe stabilizzarsi su queste cifre e andremo incontro al periodo estivo in cui ci sono cali di produzione con maggiore richiesta. Sono convinto che avverrà questo perché le industrie hanno già aggiornato al rialzo i listini dei prodotti trasformati.
L’aumento di pochi centesimi da un lato per gli allevatori è vitale, dall’altro dà al consumatore la certezza che le industrie di trasformazione e confezionamento del latte saranno obbligate a riportare in etichetta il luogo di origine della materia prima, il latte, cosa che prima era aleatoria.
Pare assurdo non ci fosse quest’obbligo prima…
Questo obbligo di indicare la provenienza del latte in etichetta sembrerebbe per molti una cosa ovvia, ma come abbiamo spiegato in questa rubrica per mesi e mesi, anche se nelle confezioni del latte si trova la scritta “prodotto in Italia” o se viene riportato il tricolore italiano, in realtà il latte può essere di provenienza estera. Assurdo, ma funzionava così.
Questo perché era possibile?
Perché per apporre la scritta “made in Italy” era sufficiente che solo l’ultima lavorazione del latte o anche solo il confezionamento avvenisse in Italia.
Sulla base della possibilità di “ingannare” il consumatore così facilmente, era partita dalle pagine di questo giornale, proprio con questa rubrica, la campagna di informazione per il consumatore “bevi latte 100% italiano”, che ha riscosso fortunatamente grande adesione e supporto tra gli allevatori, influenzando anche l’opinione pubblica e le istituzioni a prendersi in carico questo problema.
Sì, effettivamente la campagna d’informazione ha concentrato l’attenzione e la pressione su un obiettivo specifico: valorizzare il latte italiano sia presso i consumatori, sia attraverso le leggi
Esattamente. Il tutto è sfociato in una legge nazionale, con decreto firmato il 9 dicembre 2016 dal Ministro per le Politiche agricole e dal Ministro dello Sviluppo economico, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio 2017, che stabilisce l’obbligo di indicazione dell’origine per i prodotti lattiero caseari dal 19 aprile 2017.
L’etichetta dovrà indicare con chiarezza ai consumatori la provenienza delle materie prime di prodotti come latte UHT, yogurt, burro, mozzarella, latticini e formaggi.
Ovviamente i formaggi che riportano i marchi DOP avevano già l’obbligo di utilizzo di materie prime locali, ma in tutti gli altri casi l’etichetta poteva non dire nulla della provenienza del latte utilizzato.
Il tutto con evidenti risvolti per consumatori e produttori
Tutto questo andrà a garantire la massima tutela e trasparenza per i consumatori, i quali potranno finalmente scegliere in modo informato e consapevole il vero made in Italy, riportando un equilibrio nella filiera tra allevatori, trasformatori, distributori e consumatori. Inoltre dà consapevolezza al consumatore che quei pochi centesimi spesi in più per acquistare il litro di latte veramente italiano, oltre a garantirne la qualità, andranno a sostenere l’economia del nostro territorio e di tutto il nostro Paese.
Un lieto fine?
Fin qui tutto bene. Ma la sfida vera inizia adesso, anche per gli stessi allevatori.
Perché?
Perché grazie alla legge sull’etichettatura trasparente, l’allevatore avrà modo di creare un rapporto diretto con il consumatore.
L’allevatore avrà quindi la responsabilità di ricambiare questa fiducia, dovendo garantire ancora di più la qualità ed elevati standard di sicurezza.
Ma in questo sono molto fiducioso, perché con il lavoro che svolgo quotidianamente sono a contatto diretto con gli allevatori e con le loro aziende ed è evidente che le nuove tecnologie e le nuove conoscenze, applicate agli allevamenti che garantiscono il benessere dell’animale, consentono di tradurre in concreto questa richiesta di maggiori standard di sicurezza e di qualità.
La prospettiva ora è comunque più incoraggiante
Dopo un anno difficile in cui per la prima volta ci siamo dovuti confrontare con il mercato libero, dopo la fine del regime quote latte, possiamo ora affermare di avere fatto dei notevoli passi avanti. Perché anche in un contesto di libero mercato, ma con regole chiare e trasparenti, il latte italiano potrà essere sempre protagonista e affrontare senza timori la concorrenza internazionale.
“Forse” stiamo diventando un paese normale.
Diego Moratti