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Per un mondo più pulito anche la cucina conta

Per un mondo più pulito anche la cucina conta

Dall’arredamento agli elettrodomestici ai cibi. Contribuire al benessere dell’ambiente in cucina

Solitamente quando parliamo di ecologia e di rispetto per l’ambiente, pensiamo alla raccolta differenziata, alle buone pratiche per tenere puliti e ordinati i parchi cittadini, al risparmio di un bene prezioso come l’acqua, oppure ancora all’uso di fonti energetiche rinnovabili.

Forse non ci verrebbe subito da pensare alla cucina, da intendersi proprio come ambiente domestico. Eppure proprio lì si originano molti dei nostri rifiuti e trovano posto innumerevoli elettrodomestici che, se da un lato hanno il pregio di semplificarci la vita, dall’altro comportano anche consumi elettrici e costi considerevoli. Eppure anche una cucina tutta “green” è possibile. Come?

Dall’arredamento…

Cominciamo dai mobili: questi potrebbero essere fatti di un materiale come il legno, proveniente da coltivazioni controllate di faggio, acero o bambù, ovvero piante che hanno il pregio di crescere rapidamente. A ciò aggiungiamo il piano di lavoro e il tavolo in pietra naturale, che dura a lungo e non necessita di manutenzione.

Ma in questa cucina trova posto solo del vecchio mobilio? Assolutamente no, perché esistono anche tanti prodotti moderni, fabbricati nel rispetto per l’ambiente. Si tratta di oggetti in materiali come bioplastiche degradabili, resine naturali semitrasparenti e vetroceramica (ottenuta riciclando il vetro).

La bioplastica, per esempio, essendo igienica, è particolarmente adatta come contenitore di bevande e vivande a uso domestico, ed è anche riciclabile: da essa si possono ricavare fertilizzanti agricoli. Se finisce negli inceneritori, si può stare certi che emani decisamente meno fumi tossici della plastica tradizionale. In vetroceramica, invece, sono realizzati i piani cottura. Il tutto può essere pulito con prodotti ecologici e, nel caso di legno e pavimenti, con trattamenti a base di oli e cere naturali.

… agli elettrodomestici

Veniamo ora alla parte forse più scontata: l’energia elettrica. Una cucina ecosostenibile richiede elettrodomestici di classe A, che consumano la metà di quelli vecchi, garantendo però migliori prestazioni. Un frigorifero di questo tipo non usa gas che possono danneggiare lo strato di ozono, mentre una lavastoviglie di classe A+++ consuma fino a sette volte meno di un lavaggio a mano. E non dimentichiamo le lampade a basso consumo, così come un impianto con pannelli fotovoltaici o microeolico per garantire il rifornimento energetico.

Essere autosufficienti

La tecnologia, però, non sempre basta: occorrono anche buon senso e forza di volontà.

Comperare di volta in volta solo ciò che occorre, invece che fare grandi scorte – anche se è più scomodo o poco pratico – evita di far finire in pattumiera, anziché nello stomaco, tanto cibo che poteva essere impiegato diversamente. E ciò che avanza si può reimpiegare con gusto e creatività, basta munirsi di un buon ricettario con tante idee su come utilizzare gli alimenti avanzati o di scarto.

Qualche verdura si può coltivare direttamente a casa, in un orto ben concimato con foglie, erba e parte dei rifiuti. In tal caso, munirsi di un composter per i rifiuti organici non sarebbe una cattiva idea. Fare spese moderate ed essere in parte autosufficienti prevedendo qualche coltivazione casalinga aiuta non solo l’ambiente, ma anche il nostro portafoglio.

La cucina ecosostenibile è una realtà possibile e nemmeno così “all’antica”, visto che dispone di tutte le più moderne tecnologie. I comportamenti responsabili, uniti alla modernità, partono dalla cucina, dentro le nostre case, per la salvaguardia di una casa ben più grande, che è di tutti: la nostra amata Terra.

Lorenzo Dell’Onore

 

Utilizzare gli avanzi è un’arte

Abbiamo visto che consumare e acquistare prodotti senza eccedere aiuta a risparmiare denaro e sprechi. Oggi tendiamo forse a gettare via cibo prezioso senza troppi scrupoli perché viviamo nell’epoca dell’abbondanza, che ci garantisce di tutto e di più. E di conseguenza abbiamo perso il senso del vero valore del cibo. Ma le cose non sono sempre state così.

Prima del boom economico, durante il ventennio fascista, le famiglie erano caldamente invitate a consumare cibo con moderazione, tant’è che un noto detto recitava: «Ne uccide più la gola che la spada». L’aumentata richiesta di beni alimentari, a partire dagli anni Venti, aveva messo a dura prova le industrie nazionali, non abituate a gestire una domanda sempre crescente, quindi moltissimi prodotti venivano importati dall’estero.

Il fascismo scelse di contenere questa richiesta, puntando agli investimenti piuttosto che ai consumi. L’autarchia, unitamente alla successiva crisi economica, portò lo Stato a puntare anche a surrogati scadenti piuttosto che a beni più pregiati, quindi al caffè il governo preferiva la cicoria, mentre al posto del tè inglese si incentivava il consumo di rosso carcadè etiope.

Durante la guerra, poi, gli alimenti andavano razionati perché scarseggiavano o perché il grosso doveva essere destinato ai soldati al fronte. Così per le famiglie italiane saper come sfruttare gli avanzi in cucina divenne fondamentale e in questo fu un maestro il libro L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa di Olindo Guerrini, articolato in tredici capitoli, dal pane al pesce alla frutta e così via. In vendita ancora oggi, è edito da In Magazine. 

Febbraio 2018

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