Contro il fenomeno del taglio illegale di legno, in vigore un nuovo regolamento per importatori e commercianti
Iniziamo da alcuni dati. Secondo il FAO (2012), il 31% della terra ferma è coperto da superficie forestale, pari a circa 4 miliardi di ettari. Solo il 10% (422 milioni di ettari) delle foreste risultano ad oggi certificate, secondo gli standard più noti a livello internazionale FSC e PEFC. La quota stimata di deforestazione illegale nella produzione globale di legname si attesta intorno al 20%. L’Italia dipende per oltre l’80% del fabbisogno nazionale di legname dall’estero, quindi può essere facilmente esposta al rischio di immettere internamente materiale di provenienza illegale. Il nostro paese infatti è il 6° importatore mondiale di legno e il 2° europeo.
Quantitativamente parlando il 7-10% del legno importato complessivamente in Italia è di origine illegale per un valore tra 1,3-2,8 miliardi di euro. Dal punto di vista economico, in Europa, l’effetto netto è una perdita di valore stimata in circa 10 miliardi di euro per anno. Il legno illegale viene venduto ad un prezzo di vendita minore rispetto al legno legale, in quanto non prevede costi di rimboschimento, nessuna tassa o eventuali altre imposte. Per questo motivo l’Unione Europea ha adottato il Regolamento (EU) 995/2010, meglio noto come EU Timber Regulation (EUTR), che proibisce “l’immissione sul mercato di legname tagliato illegalmente o di prodotti legnosi derivanti da tale legname” a partire dal 3 marzo 2013. Esso obbliga gli “operatori” (primi “immettitori” nel mercato europeo di legname o di prodotti da esso derivati) a lavorare con un sistema di “dovuta diligenza” (Due Diligence System o DDS) per minimizzare il rischio di introdurre legname illegale o prodotti da esso derivati nel mercato. Il DDS consiste in tre elementi: informazioni sull’approvvigionamento, valutazione e riduzione del rischio. Gli operatori possono gestire un proprio DDS o affidarsi a degli “Organismi di Controllo” (comparabili agli Enti di Certificazione) che glielo forniscano.
Le Organizzazioni di Controllo devono essere riconosciute dalla Commissione Europea e controllate dalle Autorità Competenti nazionali. Le aziende “a valle” della catena di trasformazione o commercializzazione del prodotto legnoso sono definite “commercianti”: il loro unico obbligo è di registrare da chi acquistano e a chi vendono. Prodotti con licenze FLEGT o CITES sono considerati conformi al Regolamento per definizione (la cosiddetta green lane, “corridoio verde”), mentre la certificazione di catena di custodia FSC invece non è accettata come prova automatica di conformità alla EUTR, anche se può essere la base per un DDS.
Per quanto riguarda le informazioni sull’approvvigionamento richieste dal DDS, il sistema FSC non garantisce automaticamente queste informazioni a un “operatore” che acquista prodotti certificati FSC. Riguardo agli altri due elementi (la valutazione e la riduzione del rischio) lo schema FSC è invece molto utile. Qualora le informazioni raccolte sull’approvvigionamento facessero emergere un sostanziale rischio di illegalità del legname, la certificazione FSC fornirebbe sufficiente certezza che il rischio per questo particolare legname o prodotto derivato possa essere “trascurabile”. Quando un operatore lavora con legname non certificato e con un sostanziale rischio di illegalità, la riduzione del rischio può essere implementata da operatori Certificati FSC includendo un Programma di Verifica FSC sul Legno Controllato (come già descritto nello standard FSC-STD-40-005) incluso nello scopo del loro certificato CoC e valutando tutto il materiale con tale metodologia, oppure passando direttamente al rifornimento di legno o di prodotti certificati FSC.
Roberta Spinelli