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L’Egittomania invade Crema

Il fascino dell’Egitto tra arte, simbolismo e scenografia
Fino al 28 settembre una speciale mostra al Museo Civico

Per oltre cinque mesi, dal 17 maggio al 28 settembre 2025, la città di Crema (CR) sarà parzialmente colorata di giallo. È il colore della locandina che presenta la mostra “Egittomania. Luigi Manini e Antonio Rovescalli tra pittura e scenografia”. La mostra è ospitata nelle sale della Pinacoteca del Museo Civico di Crema, nel cui percorso permanente trova già spazio la sezione egizia dedicata ai reperti archeologici.

Quasi come dei veri archeologi, i curatori Alessandro Barbieri, Christian Orsenigo e Gabriele Valesi, hanno scavato nelle profondità di luoghi sconosciuti per riportare alla luce una collezione inedita di opere e materiali generalmente conservati in archivi o in depositi non accessibili al pubblico, con l’intento di rispolverare il passato dell’arte cremasca dell’Ottocento, ossessionata, come altrove, dall’antico Egitto.

Una moda rivitalizzata
da Napoleone
...e da Tutankhamon

L’Egittomania, infatti, è un fenomeno culturale importante che ha influenzato tutte le arti, figurative e non, soprattutto a inizio Novecento. Nonostante l’interesse per il Medioriente e l’antico Egitto fosse sentito in Europa fin dall’antichità – ne è un esempio la Piramide Cestia costruita a Roma tra il 18 e il 12 a.C – l’evento che fece esplodere la mania verso la civiltà della Valle del Nilo fu la spedizione militare francese avvenuta tra il 1798 e il 1801, quando il generale Napoleone Bonaparte affiancò al suo esercito un gruppo di 167 studiosi appartenenti alla Commissione delle Scienze e delle Arti: chimici, fisici, naturalisti, ingegneri, disegnatori, architetti che scrissero dei resoconti su tutto quanto veniva scoperto in Egitto. Le diverse ricerche confluirono in una grande opera a più volumi dal titolo “Description de l’Egypte”.

Nel secolo successivo, un altro evento importante riaccese l’interesse mondiale: il 4 novembre del 1922 l’archeologo inglese Howard Carter, a partire da un misterioso gradino scavato nella roccia, scoprì un accesso segreto di un complesso tombale. Tre settimane dopo vennero rotti i sigilli della tomba di Tutankhamon, la tomba più famosa di tutta la storia dell’archeologia.

Un evento che investì l’Europa intera, al punto tale che per la tarda aristocrazia l’apice della moda era possedere oggetti “egittizzanti”, coinvolgendo così tutte le arti, con ricadute particolarmente suggestive anche nel cremasco, dove artisti come Luigi Manini (1848-1936) e Antonio Rovescalli (1864-1936) accolsero questa tendenza cercando di catturare l’essenza di quell’epoca perduta, traendo spunto dalle iconografie enigmatiche e dai soggetti ricchi di simbolismo del periodo, per riproporli all’interno delle loro opere.

Manini e Rovescalli celebri interpreti cremaschi

La mostra ha fornito l’occasione di una ricerca capillare sui repertori che ispirarono questi interpreti stimolandoli a utilizzare dettagli esotici nelle loro produzioni artistiche. Per questo aspetto è stato fondamentale lo studio delle raccolte iconografiche riprodotte nei resoconti ottocenteschi di viaggio che ebbero come oggetto l’antico Egitto: fra essi certamente i due più importanti furono la “Description de l’Égypte” - già citata - e il “Voyage dans la Basse et la Haute Égypte” di Dominique Vivant Denon, una pubblicazione di notevole valore archeologico edita a Parigi nel 1802, che conobbe un’enorme fortuna con ristampe e traduzioni successive (in mostra è esposta la versione italiana ottocentesca concessa in prestito dalla Biblioteca Queriniana di Brescia).

Alle riproduzioni del “Voyage” di Denon si rifece specialmente Luigi Manini per trarne dei veri e propri ricalchi da impiegare come modelli, assieme a tutta una serie di tavole, stampe e incisioni utilizzate dall’artista per lo più come fonti decorative. Per la mostra si è cercato di chiarire le vicende collezionistiche che portarono nel 1925 alla donazione di questa raccolta alla Biblioteca Comunale di Crema, materiale poi passato nel 1960 al Museo Civico al momento della sua inaugurazione, andando di fatto a costituire quel fondo che dall’artista prende il nome. Nel caso di Manini, la volontà di rappresentare geroglifici, decorazioni, sculture e architetture dell’antica civiltà nilotica può essere ascritta a una ricerca del dato realistico in virtù della sua attività di scenografo, e dunque nella necessità di realizzare ambientazioni a sfondo egizio per opere liriche e balletti, quali l’Aida e il Nephte o Il figliuol prodigo. Lo studio della produzione grafica, pittorica e scenografica di questo interprete cremasco ha portato la ricerca anche fuori dai confini nazionali in quanto, dal 1879 al 1912, l’artista si trasferì a Lisbona, dove ebbe modo di collaborare con i più prestigiosi teatri portoghesi.

Di Antonio Rovescalli spicca nell’allestimento un ampio saggio di soggetto egizio che gli valse nel 1883 la medaglia d’argento all’esame finale della Scuola di prospettiva presso l’Accademia di Brera a Milano. Un acquerello ispirato all’Aida, ma realizzato rifacendosi a note architetture dell’antico Egitto: nella fattispecie il Ramesseo, il tempio memoriale dedicato al faraone Ramesse II. Inoltre, del pittore scenografo si possono osservare alcuni interessanti scatti fotografici relativi a sue messinscene dell’Aida al teatro São Carlos di Lisbona, dove fu chiamato a lavorare dal concittadino Manini verso la fine del XIX secolo. Altre fonti esposte documentano invece la sua prolifica attività alla Scala di Milano, teatro in cui operò quasi ininterrottamente fino alla sua morte, affermandosi come protagonista indiscusso nella creazione di scenografie.

L’influenza sulla architettura locale

Tramite una collezione di bozzetti, ricalchi, studi e saggi accademici posseduti dal Museo di Crema, posti in raffronto ad alcuni dipinti e volumi prestati da privati e da biblioteche pubbliche, i visitatori sono invitati a immergersi in un mondo esotico che ha ispirato – e continua a ispirare – generazioni di creativi. Il fascino dell’antico Egitto, con i suoi misteri e le sue iconografie caratteristiche, viene raccontato non solo come un evento globale, ma anche, e soprattutto, in una prospettiva locale, in un dialogo tra ricerca storica e innovazione creativa, impersonando e diffondendo a proprio modo lo stile Retour d’Égypte in pittura e scenografia.

La mostra presenta anche una sezione dedicata all’influenza dell’Egittomania sull’architettura privata locale. Nel cremasco, infatti, le tracce di questo fenomeno sono visibili in numerosi edifici storici, come Villa Marazzi a Torlino Vimercati e Palazzo Turina a Casalbuttano, che adottarono decorazioni ispirate all’Egitto nell’architettura e negli interni.

Sheela Pulito

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Giugno 2025

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