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Emma Bonino. Una donna, mille battaglie

Emma Bonino. Una donna, mille battaglie

Dei suoi 71 anni, ne ha passati la maggior parte a combattere per i diritti umani, civici e politici

A rileggere e raccontare la sua vita ci si sente minuscoli. Perché, nonostante l’aspetto minuto ed esile da fatina, si ha la consapevolezza di trovarsi di fronte a un gigante, a una guerriera della prima ora e della prima linea: dei suoi 71 anni di età (li compie il 9 marzo), Emma Bonino ne ha trascorsi la maggior parte in trincea.

Una vita in politica

La donna più importante del Radicalismo liberale italiano è nata a Bra nel 1948 e ha combattuto per le battaglie politiche e civili più importanti del nostro Paese, a cominciare da quelle per il diritto al divorzio e all’aborto. Eletta alla Camera dei deputati nel 1976, entrò in Parlamento all’età di 28 anni, accanto al compagno di mille sfide Marco Pannella. «Il posto era così poco attrezzato che i bagni femminili non erano previsti - ha ricordato in un’intervista -.

La maggioranza delle elette finì nelle commissioni Sanità o Educazione. Io passai l’estate a studiare la relazione di minoranza per la riforma dei servizi segreti. Arriva il gran giorno, parlo in aula, mi siedo e mi danno un biglietto di Cossiga, ministro degli Interni: “Cara collega lei oggi è proprio elegante”». Il clima era quello e fa male constatare che molto è cambiato, ma tanto resta ancora da fare.

Dopo essere stata eletta negli anni Settanta e Ottanta per varie legislature come deputata alla Camera e al Parlamento europeo, ha ricoperto la carica di commissario europeo dal 1995 al 1999. Nel 2006 ha assunto l'incarico di ministro per il Commercio internazionale e le Politiche europee nel governo Prodi bis, nel 2008 è stata eletta vice presidente del Senato. A seguire è stata ministro degli Affari esteri per Enrico Letta. 

Una donna di battaglie a fianco degli ultimi 

Votata alla difesa dei diritti umani, civili e politici, è stata ideatrice e promotrice della Corte Penale Internazionale permanente, delegata per l’Italia all'Onu per la moratoria sulla pena di morte, fondatrice dell'organizzazione internazionale «Non c'è pace senza giustizia» per l'abolizione delle mutilazioni genitali femminili. Tante volte ha preso la parola per difendere e fare conoscere i drammi degli ultimi, da quelli dell’Est Europa a quelli dell’Africa. Tante volte ha fatto lo sciopero della fame e della sete, come iniziativa «di speranza e di lotta».

Infine, dopo tante battaglie contro il mondo, arrivò quella più difficile: quella contro se stessa. Nel 2015 ai microfoni di Radio Radicale, annunciò di avere un tumore. «Dobbiamo tutti sforzarci di essere persone e di voler vivere liberi fino alla fine. Insomma io non sono il mio tumore e voi neppure siete la vostra malattia. Siamo persone che affrontano una sfida che è capitata», disse rivolgendosi in particolare a coloro che si trovavano nella sua situazione. 

Nel 2011 è stata l’unica italiana inclusa dalla rivista statunitense «Newsweek» nell’elenco delle “150 donne che muovono il mondo”. In un’intervista ha detto: «Cammini per strada e sembri la Madonna pellegrina, ma poi non ti votano. Non è un grande stimolo per continuare».

Eppure l’impressione è che non si sia mai pentita, nemmeno di come ha vissuto la sua femminilità. Ha scelto di non sposarsi «perché - ha confidato - vivere insieme richiede un tale governo delle emozioni, una disciplina» di cui non era capace. Nonostante abbia avuto in affidamento per anni due bambine, ha deciso di non avere figli. Forse per non concentrarsi sui suoi. Ed essere libera di combattere per quelli dell’umanità. 

Michela Offredi

Marzo 2019

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