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Una montagna sempre più fragile

In occasione della Giornata Internazionale della Montagna, una riflessione sulle terre alte come “sentinelle del clima” e sul ruolo delle donna in quota

Ecosistemi fragili, molto più vulnerabili di altri ai cambiamenti imposti dal mutare del clima. Società spesso marginalizzate da politica e istituzioni, o più semplicemente dimenticate o ignorate nei propri bisogni di cittadini. E ancora, un ambiente ricchissimo di biodiversità e importantissimo per gli equilibri terrestri in termini di disponibilità di acqua dolce e di risorse e un immenso patrimonio di conoscenze, tradizioni e pratiche culturali soprattutto per quanto riguarda la gestione sostenibile del territorio. Quando si parla di montagna, spesso ci si scorda dell'importanza fondamentale che i territori montani rivestono per l'intero pianeta, non solo sotto il profilo ambientale ma anche sociale, economico e culturale: ed è proprio per colmare questa lacuna e per sensibilizzare sulla questione che è stata istituita dalla Fao, ormai vent'anni fa, la Giornata Internazionale della Montagna su pressione della Repubblica del Kyrgyzstan, impegnata in prima persona per riconoscere il ruolo centrale delle terre alte globali. La ricorrenza cade ogni 11 dicembre e il tema di quest'anno, “Le donne muovono le montagne”, sottolinea il ruolo chiave delle donne nella conservazione e nella custodia delle terre alte in tutto il mondo.Tuttavia, a distanza di vent'anni dalla prima celebrazione e a conclusione di un 2022 che era stato dichiarato dall'Onu “Anno Internazionale delle Montagne”, cosa è stato fatto per la montagna e per le sue genti? E che cosa, invece, si potrebbe – e dovrebbe – fare, in relazione anche ai foschi scenari climatici paventati dalla recentissima conferenza COP27 di Sharm el Sheik?

Montagne come sentinelle del clima

Iniziamo con un po' di dati. Le montagne occupano all'incirca il 27% della Terra e ospitano il 15% della popolazione mondiale, oltre che il 25% delle specie animali: sono bacini di acqua dolce, forniscono energia e risorse, assicurano il mantenimento della biodiversità di flora e fauna. Ma rappresentano anche la cartina di tornasole dell'attuale situazione climatica: in quota, infatti, sono più evidenti (e in anticipo rispetto ad altri ambienti) gli effetti dell'innalzamento delle temperature e dei mutamenti climatici, offrendo l'inedita possibilità di immaginare soluzioni sostenibili e di farsi, idealmente, “laboratori” per uno sviluppo più attento ed equilibrato. Questo è valido soprattutto per quanto riguarda le nazioni e gli Stati che, più di altri, si trovano a confrontarsi con un ambiente strettamente montano: ne è esempio appunto il Kyrgyzstan, il cui impegno per la promozione della conservazione naturale e dello sviluppo sostenibile delle terre alte ha radici lunghe e parte già negli anni Novanta, durante la conferenza internazionale “Mountain Research Challenges for the 21th Century” promossa dall'Unesco, e ha portato poi alla richiesta dell'istituzione di una giornata internazionale sulla tematica. Dopotutto la repubblica dell'Asia centrale possiede all'incirca l'1% di biodiversità mondiale legata alle terre alte ed è direttamente toccata dagli impatti drammatici del cambiamento climatico sui territori. Una situazione che accomuna anche altri Paesi tipicamente montani, come Buthan o Nepal, e che tocca direttamente anche l'Europa e l'Italia, con il suo 35,2% di territorio montuoso e il 41,6% di territorio collinare.

“Le donne muovono le montagne”

Il tema portante della Giornata Internazionale della Montagna 2022 sarà il ruolo delle donne nelle comunità montane, per la protezione dell'ambiente, per lo sviluppo sociale ed economico delle terre alte e per la custodia delle risorse. “Le donne muovono le montagne” (questo lo slogan e il focus della ricorrenza) sottolinea anche l'importanza chiave del mondo femminile montano sotto il profilo culturale: nei gruppi rurali delle terre alte, infatti, sono tipicamente le donne a custodire le conoscenze legate alla medicina tradizionale e alla cultura locale. In qualità di contadine, artigiane, allevatrici, ma anche piccole imprenditrici e leader delle proprie comunità, le donne e le ragazze in montagna possono essere attivatrici e agenti di cambiamento in ottica di sviluppo sostenibile, nel mondo così come nel nostro paese, come testimoniano i risultati del recente progetto “Wecho. L'eco delle donne di montagna” condotto dalla Fondazione Nuto Revelli, in partenariato con il Coordinamento Donne di Montagna, YWCA e l'Impresa sociale Paraloup, nell’ambito del bando “Culture of Solidarity Fund della European Cultural Foundation”. Il progetto ha voluto infatti dare voce e raccogliere le istanze delle donne di montagna di oggi nel nostro Paese e in Europa e l'ha fatto partendo dal filo rosso tracciato dal lavoro di ricerca condotto da Nuto Revelli negli anni 60-80 dello scorso secolo, quando lo scrittore andò a raccogliere le testimonianze di centinaia di donne delle montagne del cuneese. Da questa enorme attività di raccolta di voci femminili dalle terre alte nacque il testo “L'anello forte”, ed è sulla scia di questo lavoro che si è inserita la ricerca della fondazione: un lavoro che punta al riconoscimento del grande capitale sociale e culturale che le donne di montagna costituiscono e preservano in favore della società tutta e dello slancio che esse danno verso un nuovo modello di sviluppo, con moti creativi che puntano ad abitare in modo consapevole le aree alpine. «La ricerca ha restituito uno sguardo corale e variegato sulla montagna e sulle donne che la abitano - spiega Serena Anastasi, coordinatrice del progetto per Fondazione Nuto Revelli -. Il quadro che ne è uscito è di una montagna che, oggi, per le donne può rappresentare uno spazio di libertà, oltre che una possibilità per ripensarsi e ripensare l'ambiente, la società e le proposte di sviluppo».

Montagne di oggi e di domani

È in questo quadro complessivo che va inserita la ricorrenza annuale della Giornata Internazionale della Montagna: non un'ennesima occasione di retorica, ma una riflessione attiva sul ruolo delle montagne come sentinelle del clima, certo, ma anche come laboratori di sviluppo sostenibile, in virtù del loro essere luoghi centrali del cambiamento e della transizione ecologica possibile, custodi di risorse fondamentali e – non da ultimo – di una stratificazione unica di culture, tradizioni e saperi umani. E se da un lato le previsioni emerse dalla COP27 danno un quadro piuttosto ombroso del nostro futuro immediato, dall'altro è anche vero che proprio la marginalizzazione generalizzata (sociale, politica, culturale) delle terre alte – la stessa che ne ha decretato la fragilità – oggi può diventare un fattore di forza: l'occasione cioè per immaginare nuovi scenari.

Erica Balduzzi

Dicembre 2022

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