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Covid-19, l'allarme: a rischio i piccoli produttori fuori dai circuiti della Gdo

Tutela e valorizzazione dei presidi territoriali a filiera corta e protetta messi in ginocchio dalle misure di contenimento. Le proposte di Slowfood e Associazione Rurale Italiana

Durante e dopo le misure di contenimento per il Covid-19, il futuro dell'agricoltura italiana rischia di essere tutt'altro che verde: a lanciare l'allarme sono state Slowfood Italia e Associazione Rurale Italiana (ARI), a nome di tutte quelle realtà associative e reti di piccoli produttori agroalimentari artigiani e a filiera corta che, essendo fuori dai circuiti della Gdo (Grande distribuzione organizzata), rischiano di non rialzarsi dal periodo di stop.

L'allarme di Slowfood

Il motivo è presto detto: mentre il settore agricolo connesso alla grande distribuzione ha continuato a fatturare, complice la necessità degli italiani di continuare a fare la spesa anche in tempo di lockdown, agricoltori e artigiani agroalimentari su piccola scala, con quantitativi limitati e stagionali stanno pagando lo scotto della chiusura dei cosiddetti “mercati alternativi” (mercati contadini, vendita diretta, gruppi di acquisto) che costituivano l'alternativa ecologicamente più sostenibile sia alla produzione agroindustriale, sia alla grande distribuzione. Qualora la sospensione si prolungasse, il rischio paventato anche da molti Presidi Slow Food territoriali è quello di perdere tutto un patrimonio di piccole aziende agricole e rurali che - oltre a proporre una produzione alimentare sostenibile ed ecocompatibile con le necessità attuali e future del pianeta – costituiscono anche un presidio culturale di grande rilievo per i singoli territori, a tutela della biodiversità e della democrazia alimentare. Si parla di quasi un milione e trecento mila aziende agricole di piccole e medie dimensioni su tutto il territorio italiano.

Alcune di esse sui territori si sono organizzate, ove possibile, per effettuare consegne a domicilio, come ha fatto la Rete di Cittadinanza Sostenibile sul territorio di Bergamo. Ma è ancora un settore minoritario, per quanto importante e sempre più vitale, a riprova del fatto che una ripartenza, anche economica, potrebbe prendere il via proprio da qui. 

Le proposte dell'Associazione Rurale Italiana

Proprio per questo motivo, l'Associazione Rurale Italiana (Ari) ha avanzato nelle scorse settimane una serie di proposte e richieste al Governo e agli enti locali, per sollecitare il supporto a quei produttori locali che, sui territori, garantiscono l'accesso al cibo alla popolazione. «Gli agricoltori e agricoltrici dell’Associazione rurale italiana (ARI) sono impegnati a garantire l’accesso degli italiani al cibo di qualità e locale anche in questa situazione di emergenza – è stato scritto nella nota di accompagnamento -. Quando questa avrà fine, non saranno le “immissioni di liquidità” a determinare la ripresa, ma la capacità, la volontà, la resistenza e l’autonomia produttiva di contadini, artigiani, piccole e medie aziende che operano a livello locale, la vera struttura portante dell’economia nazionale. Solo se nel frattempo non saranno annientate definitivamente».

Tra le richieste avanzate dall'associazione a riguardo, ci sono quella di inserire l'obbligo all'acquisto territoriale per ospedali, caserme e altre strutture pubbliche tramite bandi eccezionalmente semplificati; la possibilità di mantenere aperti e riorganizzare i mercati alimentari di piazza (con le dovute misure di sicurezza sanitaria) e favorire le consegne porta a porta; la promozione dell'approvvigionamento su base territoriale alla grande distribuzione; il contrasto alle speculazioni di prezzo sui beni alimentari a danno dei produttori.

Erica Balduzzi

 

Aprile 2020

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