“Je suis Charlie” è lo slogan che dal 7 gennaio, giorno dell’attentato alla sede del periodico satirico francese Charlie Hedbo, supporta la libertà di pensiero, espressione e stampa. L’Europa è stata scossa da questo tragico evento che, oltre ad aver causato la morte di persone innocenti, ha diffuso e incrementato ovunque un forte senso di paura e pressione.
Eppure la convivenza tra religioni che professano fedi differenti è possibile: l’Albania ne è un esempio. Il Paese è caratterizzato infatti da una forte tripartizione religiosa che nel corso degli anni non è mai stata superata. Oltre il 70% della popolazione appartiene alla religione musulmana, seguita dalla minoranza cattolica, che si concentra prevalentemente nel nord del Paese, e da quella ortodossa. Tuttavia in Albania la fede assume una connotazione del tutto particolare e non è certo motivo di suddivisioni interne. La spiegazione di questo fenomeno è legata al concetto di “albanismo”, termine con il quale si identifica il nazionalismo albanese, che rappresenta il vero credo di questo popolo, unito da un antico legame. Ovunque si trovino nel mondo, gli albanesi non dimenticano questo forte senso di appartenenza e la comune fratellanza.
La visita a Tirana di Papa Francesco del 21 settembre 2014 ha messo in luce i valori di tolleranza e rispetto con i quali in Albania sono accolte e vissute le diverse religioni. D’altro canto il motivo principale che ha spinto il pontefice a compiere questo viaggio è che il Paese, riuscendo a formare un governo di unità nazionale, con un consiglio interreligioso equilibrato, ha mostrato come sia possibile per un popolo lavorare insieme, rendendosi un modello di libertà religiosa, vissuta in un clima pacifico e di comune identità.
Da questo punto di vista l’Albania ha molto da insegnare: i luoghi in cui le religioni si intersecano sono svariati, ma il più emblematico rimane Piazza Skanderbeg a Tirana, al centro della quale si staglia la statua dell’eroe nazionale, il difensore della cristianità, con la splendida moschea Ethem Bey alle sue spalle. Tolleranza, rispetto e diversità hanno un comune denominatore: l’orgoglio di appartenenza nazionale e la consapevolezza che, a dispetto del credo religioso, la convivenza non solo è auspicabile, ma concretamente possibile.
Elena Pagani