Parola a Mariasole Bianco, biologa marina che ha fatto della salvaguardia degli oceani la sua missione: «agire per mantenere l'equilibrio»
Un equilibrio da trovare, pena la perdita di biodiversità e conseguenze molto pesanti su clima, sostentamento ed ecosistemi: è questa la necessità impellente su cui costruire il rapporto uomo e oceani da qui al prossimo futuro. Una necessità che non può più essere evitata, come spiega Mariasole Bianco, biologa marina e fondatrice dell’associazione di tutela ambientale Worldrise Onlus. Mariasole coordina oggi la rete di giovani professionisti della Commissione Mondiale sulle Aree Protette dell’IUCN, ha insegnato divulgazione naturalistica all’Università di Genova ed è stata insignita del premio Donna Ambiente 2019 patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e dal Parlamento Europeo. Nel giugno 2020 è inoltre uscito il suo libro “Pianeta Oceano”, in cui racconta del legame tra uomo e mare e di come dalla tutela dei mari dipenda la vita sulla terra. Oggi Mariasole Bianco non ha dubbi: il tempo per agire è poco. Ed è necessario agire in fretta.
Perché il mare è importante per l’uomo
Il punto di partenza dell'analisi di Mariasole è forse banale, ma non per questo meno significativo: il benessere degli oceani riveste un ruolo cruciale per il Pianeta. «Il 70% della superficie del nostro Pianeta è ricoperta d’acqua – spiega Mariasole –. È facile comprendere dunque l’importanza degli oceani per mantenere i molteplici equilibri su cui poggia la vita sul pianeta. Il clima è infatti regolato da questa enorme massa d’acqua in grado di assorbire e rilasciare calore: circa il 50% dell’ossigeno presente in atmosfera proviene dall’oceano, che sequestra al contempo il 25% dell'anidride carbonica per poi integrarla nel ciclo vitale di alcune specie vegetali e animali. Inoltre, l’oceano è fonte di cibo e sostentamento per centinaia di milioni di persone in tutto il mondo». Gli oceani sono dunque nostri importanti alleati, indipendentemente dalla distanza che ci separa da essi.
La situazione attuale dei mari
«L’inquinamento dei mari ha molteplici sfaccettature, che vanno dalla plastica all’impatto della sovrapesca passando per le drastiche conseguenze derivanti dalle emissioni di anidride carbonica», continua Mariasole. Secondo la biologa marina, infatti, l’uomo ha sempre considerato il mare come infinitamente troppo grande per risentire dell’impatto delle azioni umane: niente di più sbagliato. Oggi è possibile rendersi conto che stiamo perdendo, per mano dell’uomo, molta della biodiversità marina e stiamo cambiando le caratteristiche di ecosistemi molto complessi la cui sopravvivenza si basa su delicati equilibri. «Un esempio è l’aumento della temperatura dell’oceano, che ha causato una moria di coralli nel mondo. A tali condizioni, i coralli espellono le microscopiche alghe che vivono nei loro tessuti e che sono responsabili del loro colore e nutrimento. Ecco perché il fenomeno, noto come sbiancamento dei coralli, è un grave sintomo: perdere intere barriere coralline significa distruggere un ecosistema che ospita migliaia di specie animali e vegetali e che, in alcuni casi, è fondamentale per la sopravvivenza di intere comunità».
Le previsioni per il prossimo futuro sono tutt’altro che rosee se non si inverte la rotta. «Ognuno di noi ha il potere e la responsabilità di agire - conclude Mariasole -. A partire dalle singole azione e decisioni quotidiane ognuno di noi può fare la differenza per il futuro del mare: per il nostro futuro»
Laura Zunica
Al via 30x30 Italia, la campagna di protezione di mari e oceani
Proteggere il 30% dei mari entro il 2030: è questo l'obiettivo della campagna 30x30, lanciata lo scorso 26 novembre dalla no profit Worldrise Onlus. Ad oggi, infatti, solo il 7,56% degli oceani è protetto nelle cosiddette AMP (aree marine protette), mentre il resto degli ecosistemi marini mondiali è compromesso da inquinamento, cambiamenti climatici, pesca eccessiva e illegale e perdita di biodiversità.
La campagna 30x30 ha un valore nazionale, ma si inserisce in un contesto internazionale che fa riferimento alla resolution approvata al Congresso Mondiale dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) del 2016, che identifica come necessaria la protezione di almeno 30% dell’Oceano entro il 2030 per garantirne la funzionalità e produttività, ai nuovi target Post-2020 del Global Biodiversity Framework e all’impegno adottato dalla Unione Europea all’interno della “EU biodiversity strategy for 2030 - Bringing nature back into our lives”, recentemente approvato dal Consiglio Europeo.
Con quasi 8000 km di coste, l’Italia ha un’occasione unica non solo per raggiungere questo obiettivo, ma anche per porsi come leader in Europa della campagna 30x30, diventando punto di riferimento per gli altri stati Europei alla prossima conferenza delle parti della Convenzione sulla Diversità Biologica e rendendolo quindi legalmente vincolante. «Il nostro è sicuramente un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario e potremo raggiungerlo solo lavorando insieme. Per questo abbiamo deciso di creare un’alleanza di partner che condividano con noi questo importante percorso verso la creazione di un futuro migliore per il nostro mare», spiega la presidente di Worldrise, Mariasole Bianco.
Worldrise invita associazioni, aziende, istituzioni pubbliche, ricercatori, cittadini e studenti a unirsi all’onda del cambiamento e a contribuire attivamente alla realizzazione degli obiettivi della campagna iscrivendosi sul sito www.30x30.it/partecipa
Problema microplastiche
La plastica è un materiale molto recente nella storia dell’umanità. Fu creata tra il 1861 e il 1862 dall’inglese Alexander Parkes, che brevettò il primo materiale semisintetico. Nel 1870 i fratelli americani Hyatt brevettarono poi la formula della celluloide: l’obiettivo era quello di ideare un materiale resistente e al contempo economico. Un obiettivo ben presto raggiunto: la plastica, materiale molto resistente, si rivelerà infatti una grande alleata nel progresso tecnico e scientifico dell’umanità.
Tuttavia oggi l’uso eccessivo e sconsiderato di questo materiale, in un contesto sociale caratterizzato dal consumismo e in una società che ha fatto dell’usa e getta il proprio leitmotiv, si è trasformato da vantaggio a enorme problema. Uno dei drammi attuali è quello dello smaltimento dei rifiuti, sovraprodotti rispetto alle loro capacità di eliminazione: i mari e le terre sono così ricoperti di rifiuti e gran parte di questi rifiuti sono costituiti proprio da materiale plastico, non sempre riciclabile.
La plastica, infatti, è un materiale che non si biodegrada mai: non c'è alcun batterio in grado di trasformala, così si limita a degradarsi in tanti pezzi piccolissimi (microplastiche e nanoplastiche), molto pericolose sia per l’ecosistema che per l’uomo. La fauna marina si nutre di queste microplastiche poiché le sostanze che vi si depositano conferiscono loro l’odore del cibo. D’altro canto, la loro superficie è tale per cui riesce a intrappolare varie tossine e sostanze nocive presenti nelle acque, le quali vengono rilasciate all’interno del corpo dei pesci che le ingeriscono e dei quali noi ci nutriamo a nostra volta, danneggiando così la nostra salute coi nostri stessi rifiuti.
Come possiamo quindi contribuire in maniera positiva?
Sicuramente diventare consumatori responsabili è il primo passo: imparando a fare la differenziata in maniera adeguata secondo la normativa del nostro Comune di appartenenza, cercando di ridurre il più possibile il consumo di prodotti in plastica monouso prediligendo altri materiali o facendo la spesa sfusa ed educando le nuove generazioni al rispetto dell’ambiente in cui tutti viviamo.