Stati Uniti ed Europa sarebbero pronti ad aprire le dogane
Il settore agroalimentare sarà quello più colpito dagli effetti dell’accordo di partenariato
L’accordo di libero scambio in corso di negoziazione tra i paesi della Comunità europea e gli Stati Uniti, il Ttip, stando a un rapporto pubblicato nel 2013 dalla Commissione europea, interesserà circa la metà del PIL mondiale e oltre il 30% del mercato di tutto il mondo.
Un accordo economicamente fruttuoso, ma solo in apparenza. Il trattato, per ora definito per la zona di libero scambio transatlantica (TAFTA), ha come obiettivo quello di integrare i mercati statunitensi ed europei, riducendo in questo modo i costi doganali e, nel campo alimentare, di abolire tutte le regolamentazioni tecniche e le norme fitosanitarie applicate in Europa alla produzione di cibo.
Focalizzandosi sul settore primario, uno dei più recenti studi, pubblicato dal United States Department of Agriculture, rivela come il Trattato di partenariato transatlantico possa recare benefici solo a una ristretta rosa di grandi produttori europei, per lo più provenienti dal settore industriale, e alle grandi imprese statunitensi, le quali aumenterebbero le proprie esportazioni incrementando il prodotto interno lordo a scapito dei piccoli produttori e delle imprese agricole, costretti ancora a versare ingenti somme alle multinazionali detentrici delle royalties.
Le merci soggette al libero scambio comprenderebbero in maggior misura i prodotti caseari e i derivati dalla lavorazione della canna da zucchero e dei cereali, la carne, soprattutto bovina, e il riso, portando a una vera e propria ristrutturazione del mercato tra USA e UE, che avrebbe effetti significativi anche sulla gestione del territorio e sulle caratteristiche del tessuto produttivo europeo.
Certificazioni vs Principio di evidenza scientifica
In relazione all’uso del suolo e alle tecniche agronomiche, una delle maggiori preoccupazioni è quella degli effetti del trattato sulla salute dei consumatori, sull’ambiente e sul clima.
Il rischio, infatti, è che in Europa possano cadere i vigenti principi di precauzione sulle norme per la produzione di alimenti Ogm e sulla commercializzazione di carni trattate con gli ormoni e antibiotici, pratiche quest’ultime in largo uso negli Stati Uniti.
Un altro campanello d’allarme scatta quando si parla di omologazione e abolizione delle barriere non tariffarie, ovvero sulle differenze tra norme e procedure produttive, che coinvolgerebbe anche l’industria enologica, comportando l’annullamento delle denominazione originali per i vini europei.
Il motivo di tutto questo è la commercializzazione dei generi alimentari: in Europa le aziende sono chiamate a presentare le certificazioni sulla qualità dei prodotti immessi sul mercato, negli USA vale il principio di evidenza scientifica, secondo il quale un prodotto può essere messo in commercio finché non ne venga dimostrata scientificamente la nocività, a spese dei consumatori.
Nessuna clausola per salute e ambiente?
Nel 1947 a Ginevra, è stato firmato da 23 paesi di tutto il mondo il Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade), l’Accordo generale sulle tariffe e il commercio della World Trade Organization. Lo scopo era molto simile a quello del TTIP: favorire la liberalizzazione del commercio mondiale, con l’unica differenza che all’interno del trattato fu inserito il XX articolo, le cosiddette “General Exceptions”, le eccezioni generali che avrebbero permesso il libero scambio con la condizione di tutelare la vita e la salute umana, animale e delle piante, nonché la conservazione delle risorse naturali esauribili. Dopo i recenti esiti della Cop 21 di Parigi, né questa clausola, né tanto meno una in riferimento alla protezione del clima sono presenti nei testi consultabili in merito al TTIP.
Un accordo segreto che complica le simulazioni
Tutti gli studi in merito agli effetti del TTIP sui mercati euro-americani si confrontano con la segretezza e la fumosità dei pochi estratti consultabili del Trattato di partenariato.
Per questo, sono pochi e incompleti i dati sulle simulazioni delle conseguenze a lungo termine dell’accordo. Cosa abbastanza certa per i centri di ricerca internazionali è che il TTIP comporterà un notevole aumento per gli USA delle esportazioni bilaterali, così come sono molto promettenti le previsioni europee, a scapito però di una significativa flessione degli scambi intra europei.
Il dato che più interessa gli economisti è sicuramente quello del PIL: tutte le valutazioni, infatti, prevedono che a conclusione del periodo di simulazione il prodotto interno lordo di entrambi i continenti non subisca variazioni positive per più dello 0,5%.
Pareri discordanti e movimenti Stop TTIP
Il rapporto “Contadini europei in svendita – I rischi del TTIP per l’agricoltura europea” redatto da Friends of the Earth Europe in collaborazione, per l’edizione italiana, con l’associazione Fairwatch mette in evidenza l’impatto economico del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per il sistema agroalimentare europeo.
Se da una parte i sostenitori dell’accordo affermano che l’applicazione dello stesso comporterà la crescita economica dei paesi aderenti, dall’altra gli oppositori sostengono che incrementerà il potere delle multinazionali già in possesso delle principali commodities negoziabili sui mercati internazionali.
Il frumento, il mais, la soia, il caffè, il tabacco, lo zucchero, il cacao, il cotone, il succo d’arancia, la carne bovina e suina, il gas naturale, il petrolio, l’argento, l’oro, il rame sono solo alcune delle commodities già nelle mani di pochissime multinazionali.
Da questo emerge che un accordo come il TTIP, ancora poco chiaro e inaccessibile ai più, possa indurre a pensare che dal momento della sua applicazione sarà difficile ai governi nazionali mantenere il controllo e la gestione del benessere collettivo.
Jeromin Capaldo, del Global Development And Environment Institute della Tufts University di Medford (Massachusetts, USA) avanza persino l’idea che l’accordo possa generare un effetto di depressione della domanda interna e di decrescita del Pil europeo. Con Capaldo importanti personalità come il Premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz, sostengono che il Trattato transatlantico possa produrre degli effetti negativi sull’economia e sui diritti dei consumatori, soprattutto nel campo farmaceutico e alimentare.
Tra i movimenti contrari al trattato, la campagna Stop TTIP riunisce e coordina tutte le realtà che si oppongono alla sua approvazione, organizzando numerosi incontri informativi e manifestazioni. Negli ultimi anni, la denuncia dei rischi dell’accordo sui diritti del lavoro e sulla sicurezza alimentare ha portato a numerose manifestazioni, tra le più importanti quella di Roma dello scorso 7 maggio.
Con lo slogan “Avete toccato il fondo”, migliaia di persone provenienti da tutta Italia, riunite per l’evento romano sotto le più importanti sigle sindacali e le bandiere di associazioni e organizzazioni della società civile, hanno sfilato per opporsi alle trattative commerciali tra Europa e Stati Uniti d’America.
Ilaria D’Ambrosi
Gli effetti e le previsioni
Le Carni
L’abolizione delle barriere non tariffarie permetterà l’abbattimento delle norme sulla sicurezza alimentare e quindi l’importazione in Europa di carni trattate con ormoni. L’ingerimento di uno di questi, la ractopamina, utilizzato nel 70% degli stabilimenti statunitensi per l’allevamento dei suini, può danneggiare il sistema endocrino umano. Con l’apertura del mercati tra UE e USA, le simulazioni parlano di un aumento del fatturato statunitense di 3 miliardi di dollari a scapito dei produttori europei in questo settore.
I Prodotti Caseari
Il libero scambio di prodotti derivati dal latte comporterebbe un incremento del fatturato USA pari a 5,4 miliardi di dollari a fronte dei 3,7 miliardi per il mercato europeo che verrebbe inoltre toccato da un ulteriore calo dei prezzi interni.
Le Denominazioni di Origine
La lista dei prodotti DOP e DOC riconosciuti e protetti dall’Unione europea perderanno il primato qualitativo, soppiantati da tutti i prodotti senza certificazioni che entreranno in Europa per il principio di reciprocità commerciale.